L’acquisizione del consenso informato per minori è uno dei momenti più delicati nella pratica psicologica. Cosa fare quando un genitore separato si presenta da solo? O quando un sedicenne chiede espressamente che i genitori non sappiano nulla? Le risposte non sono mai scontate.
La revisione 2023 del Codice Deontologico e la Legge 219/2017 hanno introdotto importanti precisazioni, valorizzando progressivamente la volontà del minore senza eliminare la necessità del consenso genitoriale. Un equilibrio complesso che genera situazioni paradossali: l’adolescente maturo che riconosce il proprio bisogno di aiuto ma si scontra con genitori scettici o invasivi.
Le segnalazioni agli Ordini regionali mostrano errori ricorrenti: mischiare consenso sanitario e privacy in un unico modulo, procedere con un solo genitore senza verificare i provvedimenti del Tribunale, sottovalutare il coinvolgimento del minore nel processo decisionale.
Questa guida fornisce risposte operative immediate, distinguendo chiaramente tra consenso alla prestazione psicologica e informativa privacy GDPR. I moduli scaricabili di Consavio sono già pronti per ogni casistica.
La cornice normativa essenziale
Il consenso informato psicologi minorenni si basa su 4 riferimenti normativi fondamentali che si intersecano:
- L’articolo 316 del Codice Civile stabilisce che la responsabilità genitoriale è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza, tra cui rientrano a pieno titolo le scelte relative alla salute, la decisione è rimessa al giudice. Questo principio è la radice giuridica della regola generale che impone il consenso congiunto di entrambi i genitori per le prestazioni sanitarie rivolte al minore.
- L’articolo 31 del Codice Deontologico stabilisce che “le prestazioni professionali a persone minorenni sono subordinate al consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela”.
- La Legge 219/2017 sul consenso informato ha rivoluzionato l’approccio. Di fondamentale importanza è l’articolo 3, rubricato “Minori e incapaci”. Esso stabilisce che la persona di minore età ha diritto alla “valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione” e deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute “in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà“.
- Principi del GDPR e del Codice Privacy: l’intervento psicologico implica necessariamente il trattamento di “categorie particolari di dati personali”, ovvero i dati relativi alla salute. Tale trattamento è disciplinato dal Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali. È fondamentale comprendere che il trattamento dei dati è un’attività distinta dalla prestazione sanitaria stessa e soggetta a una propria base giuridica. La prassi del modulo unico onnicomprensivo, seppur diffusa, presenta criticità. Un genitore potrebbe autorizzare il percorso psicologico ma negare la condivisione di informazioni con l’altro genitore separato. O un sedicenne potrebbe gestire autonomamente la privacy dei propri dati ma necessitare ancora del consenso genitoriale per la psicoterapia. Consavio ha sviluppato moduli separati che rispettano questa impostazione, riducendo il rischio di invalidità del consenso per commistione di finalità.
L’articolo 31 del Codice Deontologico: lo stato attuale e il conflitto normativo dopo la sentenza del Consiglio di Stato
La disciplina deontologica relativa al consenso per i minori è attualmente caratterizzata da una significativa complessità giuridica. La revisione del Codice Deontologico, approvata tramite referendum nel 2023, mirava a risolvere un pregresso conflitto normativo, allineando l’articolo 31 alla Legge 219/2017 e al Codice Civile. Tuttavia, una sentenza del Consiglio di Stato del 24 dicembre 2024 ha annullato tale referendum per vizi procedurali. Di conseguenza, dal 24 dicembre 2024 è tornata in vigore la versione precedente del Codice Deontologico, non aggiornata e in contrasto con le normative vigenti.
Il testo dell’articolo 31 attualmente in vigore recita: “Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.“.
Questa formulazione, in particolare il passaggio che prevede di “informare l’Autorità Tutoria” in caso di dissenso genitoriale, crea un’anomalia giuridica e un palese conflitto con le fonti normative di rango superiore. Sia il Codice Civile (art. 316) sia la Legge 219/2017 (art. 3) attribuiscono in modo inequivocabile al giudice, e non allo psicologo o all’Autorità Tutoria, il potere di dirimere i contrasti tra genitori su questioni di maggior interesse per i figli, come la salute.
Pertanto, nonostante il dettato deontologico attualmente in vigore, la prassi legalmente più sicura e corretta per il professionista, in virtù del principio della gerarchia delle fonti del diritto, è quella di non procedere con l’intervento in caso di dissenso esplicito tra i genitori. Il ruolo dello psicologo non è quello di decidere quale genitore abbia ragione o di attivare procedure autonome non previste dalla legge, ma quello di informare il genitore consenziente della possibilità di adire l’autorità giudiziaria (il Tribunale ordinario) per risolvere il conflitto. In tale sede, la valutazione tecnica dello psicologo sulla necessità della cura e sulla capacità di discernimento del minore potrà costituire un elemento probatorio fondamentale per la decisione del giudice.
Chi firma il consenso per la prestazione psicologica al minore
La domanda apparentemente semplice “Chi deve firmare?” nasconde una complessità normativa che varia in base alla configurazione familiare, ai provvedimenti giudiziali e alla tipologia di prestazione psicologica. L’articolo 31 del Codice Deontologico richiede il consenso di “chi esercita la responsabilità genitoriale”, ma l’individuazione di questi soggetti richiede un’analisi caso per caso.
Genitori conviventi o separati: le regole
Situazione familiare | Chi firma | Documentazione necessaria | Note pratiche |
Genitori conviventi | Entrambi | Nessuna | Un genitore può firmare al primo incontro dichiarando il consenso dell’altro, ma entro l’inizio del percorso servono entrambe le firme |
Affido condiviso (90% dei casi) | Entrambi sempre | Decreto di separazione/divorzio | Irrilevante presso chi è collocato il minore. Nessun genitore può decidere da solo |
Affido esclusivo | Solo l’affidatario | Decreto con dispositivo chiaro | L’altro genitore mantiene diritto di informazione ma non di veto |
Tutore | Il tutore | Decreto di nomina del Tribunale | Per terapie lunghe può servire autorizzazione del Giudice Tutelare |
Errore frequente: confondere “collocazione prevalente” con “affido esclusivo”. Il fatto che il minore viva stabilmente con la madre non la autorizza a decisioni unilaterali sulla psicoterapia.
Situazioni particolari: case famiglia e servizi sociali
Quando il minore è in casa famiglia, il consenso spetta ancora ai genitori naturali, se non decaduti. Il responsabile della struttura non può firmare, salvo delega specifica del Tribunale per i Minorenni.
Per minori affidati ai Servizi Sociali, distinguere tra:
- Affido amministrativo: consenso dei genitori
- Affido giudiziale: può firmare il responsabile del Servizio solo con delega del Tribunale
- Sempre necessario: documentare il provvedimento che attribuisce il potere
Il minore e l’autonomia decisionale in psicologia
La valorizzazione progressiva della volontà del minore rappresenta uno degli aspetti più innovativi introdotti dalla Legge 219/2017, che si interseca con le specificità del setting psicologico. Lo psicologo si trova a dover bilanciare il diritto all’ascolto del minore con la titolarità formale del consenso che resta ai genitori, in un equilibrio delicato che varia con l’età e la maturità del paziente.
La valutazione della capacità di discernimento del minore
La valutazione della capacità di discernimento è un processo clinico e giuridico fondamentale, posto al centro della Legge 219/2017, che sposta l’attenzione dall’età anagrafica alla maturità effettiva del minore. La giurisprudenza consolidata, in particolare quella milanese, ha delineato tre criteri guida essenziali per questa valutazione:
- Comprensione effettiva: questo criterio va oltre la semplice comprensione letterale. Il professionista deve accertare che il minore abbia afferrato non solo la natura del trattamento (ad esempio, una psicoterapia), ma anche le sue implicazioni concrete, emotive e pratiche, come l’impegno richiesto e i possibili vissuti emotivi.
- Consapevolezza del disagio: si valuta la capacità del minore di elaborare una rappresentazione personale del proprio malessere. Non è sufficiente una generica ammissione di “stare male”, ma è richiesta la capacità di collegare la propria sofferenza alla proposta di cura, vedendola come uno strumento potenzialmente utile per un problema riconosciuto come proprio.
- Autonomia decisionale: è il criterio che misura l’autenticità della volontà del minore. Si deve verificare la sua capacità di formare e mantenere una posizione personale, distinguendola da quella dei genitori o di altre figure influenti, e di resistere a eventuali pressioni esterne.
Infine, è fondamentale che l’esito di questa complessa valutazione sia documentato in modo adeguato. Non è sufficiente l’uso di formule prestampate; è necessaria un‘annotazione specifica e ragionata nella cartella clinica, che descriva il dialogo avuto con il minore e le motivazioni alla base del giudizio del clinico. Questa pratica conferisce robustezza legale e clinica all’intero processo di consenso.
Quando il minore può accedere autonomamente allo psicologo
Esistono situazioni specifiche in cui il minore può accedere a prestazioni psicologiche con maggiore autonomia:
- Consultori pubblici (L. 405/1975): accesso diretto senza consenso genitoriale per prime consultazioni. Dopo 3-4 incontri, se serve un percorso strutturato, diventa necessario il coinvolgimento genitoriale.
- Sportelli scolastici: funzionano con consenso preventivo raccolto a inizio anno. L’accesso è spontaneo ma limitato a supporto immediato, non presa in carico terapeutica.
- Emergenze psicologiche: di fronte a ideazione suicidaria attiva, il professionista interviene “nei limiti dello stretto necessario”. Meglio un intervento tempestivo che salvaguarda la vita che il rispetto formale delle procedure.
Situazioni critiche nella pratica clinica
Alcune situazioni con minori mettono lo psicologo di fronte a dilemmi che nessun manuale può risolvere completamente. Sono i casi in cui il consenso informato si intreccia con obblighi di tutela, segreto professionale e responsabilità etiche. Vediamo le più frequenti e delicate.
Sospetto maltrattamento o abuso
L’articolo 13 del Codice Deontologico prevede la deroga al segreto professionale per “grave pericolo per la salute psicofisica del minore”.
Indicatori che richiedono azione:
- Rivelazioni dirette di abuso
- Segni fisici non spiegati in zone coperte
- Conoscenze sessuali inappropriate per l’età
- Regressioni marcate dopo contatti con specifiche figure
Il consenso deve preparare i genitori: “Nel caso emergessero situazioni di pregiudizio per il minore, il professionista ha l’obbligo di attivare le tutele previste dalla legge”. Non toni allarmistici, ma chiarezza.
Autolesionismo e ideazione suicidaria
Con adolescenti, distinguere tra:
- Autolesionismo “esplorativo” senza intento suicidario
- Condotte croniche con funzione regolatoria
- Ideazione passiva (“vorrei non svegliarmi”)
- Pianificazione attiva con mezzi e tempistica
Il consenso per adolescenti deve prevedere: “Quello che mi racconti resta tra noi, tranne se c’è pericolo grave e immediato per la tua vita. In quel caso dovremo coinvolgere i tuoi genitori, ma lo faremo insieme”.
Problematiche digitali: cyberbullismo e sexting
Le specificità del consenso per problematiche online:
- Possibilità di coinvolgere esperti digitali
- Gestione del materiale digitale (screenshot, chat)
- Eventuale collaborazione con polizia postale
- Tutela della privacy online del minore
Il sexting tra minori richiede equilibrio: tecnicamente è materiale illegale, ma la criminalizzazione può causare più danni. Approccio graduato: psicoeducazione, lavoro sull’autostima, coinvolgimento genitoriale calibrato, segnalazione solo per grave sfruttamento.
Come gestire il consenso con genitori conflittuali
La conflittualità genitoriale è il problema più frequente e logorante nella pratica clinica con minori. Non parliamo solo di separazioni difficili, ma di visioni educative opposte, di negazione del disagio del figlio, di strumentalizzazione del percorso psicologico. Il consenso informato diventa il primo terreno di scontro.
Strategie di comunicazione e setting
La gestione della conflittualità inizia dal primo contatto. Quando un genitore chiama dicendo “vorrei portare mio figlio, ma non lo dica a mio marito/moglie”, il campanello d’allarme deve suonare forte.
Regole di ingaggio chiare fin dal telefono:
- Necessità del consenso di entrambi per iniziare
- Impossibilità di mantenere segreti tra genitori
- Focus esclusivo sul benessere del minore
- Neutralità del professionista
Il primo colloquio è cruciale. Idealmente con entrambi i genitori presenti, ma spesso irrealistico. L’alternativa è vedere i genitori separatamente ma in tempi ravvicinati, documentando le posizioni di ciascuno.
Tecniche di comunicazione efficaci:
La riformulazione neutrale disinfiamma il conflitto. Quando un genitore dice “mia moglie è una pazza che sta rovinando nostro figlio”, tradurre in “lei è preoccupato per alcune dinamiche familiari”. Non è minimizzare, è creare uno spazio di dialogo possibile.
Il focus sul minore è l’ancora di salvezza. Ogni volta che la discussione degenera, riportare al centro il ragazzo: “Capisco le vostre posizioni, ma cosa serve davvero a Matteo in questo momento?”.
La trasparenza procedurale previene manipolazioni. Spiegare che ogni informazione rilevante sarà condivisa, che non si fanno relazioni di parte, che il setting è protetto da interferenze esterne.
Il consenso informato per situazioni conflittuali deve essere particolarmente dettagliato su questi aspetti, quasi un “contratto di non belligeranza” che entrambi sottoscrivono.
Documentazione e tutela del professionista
In contesti conflittuali, la documentazione diventa scudo protettivo. Non si tratta di paranoia professionale, ma di tutela necessaria quando il rischio di denunce, esposti all’Ordine o coinvolgimento in procedimenti giudiziari è concreto.
Cosa documentare sempre:
- Data e ora di ogni comunicazione (telefonate incluse)
- Richieste anomale o pressioni ricevute
- Discrepanze tra le versioni dei genitori
- Comportamenti del minore che suggeriscono pressioni
- Tentativi di strumentalizzazione del percorso
Come documentare:
- Il diario clinico separato dalla cartella è pratica saggia. Annotazioni su dinamiche genitoriali, sospetti, elementi di contesto che potrebbero diventare rilevanti. Non giudizi, ma fatti osservati.
- Le comunicazioni scritte sono preferibili. Email che riepilogano quanto discusso a voce, messaggi che confermano appuntamenti o decisioni. La carta canta, la memoria tradisce.
- La condivisione con supervisore per tutelarsi oltre che per formarsi. Discutere i casi difficili, verbalizzare le supervisioni, avere un testimone professionale delle scelte fatte.
- Consensi e autorizzazioni specifiche per ogni passaggio delicato: se si decide di vedere il minore individualmente, se si modificano modalità concordate, se emergono elementi nuovi che cambiano il setting.
Quando interrompere è terapeutico
Indicatori per la sospensione:
- Strumentalizzazione persistente: ogni seduta diventa materiale per il conflitto
- Triangolazione del professionista: tentativi continui di alleanza contro l’altro
- Disagio crescente del minore: il paradosso di chi sta peggio da quando fa terapia
L’interruzione va comunicata per iscritto a entrambi, con motivazioni professionali, offrendo alternative come mediazione familiare e servizi territoriali ad esempio. Prevedere questa possibilità nel consenso iniziale.
Tipologie di intervento e consensi specifici
Non tutte le prestazioni psicologiche richiedono lo stesso tipo di consenso. La distinzione non è meramente formale: influisce sulla documentazione necessaria, sul coinvolgimento dei genitori e sulla gestione del setting. L’errore di utilizzare un consenso generico per qualsiasi intervento espone a contestazioni sulla validità dell’autorizzazione.
Consulenza vs psicoterapia: quale consenso
Consulenza psicologica: intervento breve (3-10 sedute) con obiettivi circoscritti. Il consenso informato per consulenza psicologica deve indicare numero massimo di sedute (da 3 a 10), obiettivi specifici e possibilità di rinnovo. Risulta più accettabile per genitori ambivalenti: “vediamo come va con qualche incontro”.
Psicoterapia per minori: percorso aperto con obiettivi di cambiamento profondo. Richiede consenso più articolato con approccio metodologico, frequenza sedute, modalità di coinvolgimento genitoriale e gestione delle informazioni. La doppia alleanza (minore-genitori) va regolata fin dall’inizio.
Valutazioni e test psicodiagnostici
Il consenso per psicodiagnosi deve specificare:
- Finalità: certificazione DSA, valutazione clinica, altro
- Destinatari: chi riceverà la relazione
- Conservazione: durata custodia protocolli
- Restituzione: preparare a complessità diagnostica evolutiva.
La telepsicologia con minori: un nuovo contesto operativo
La crescente diffusione delle prestazioni psicologiche a distanza impone un’analisi specifica, delle sue implicazioni sul consenso informato e sulla gestione del setting con i minori. La telepsicologia non è una semplice trasposizione online della pratica in presenza, ma un nuovo paradigma che introduce tre livelli di rischio aggiuntivi:
- Legale: relativo alla validità del consenso ottenuto a distanza
- Tecnologico/privacy: legato alla sicurezza della piattaforma utilizzata
- Clinico/di sicurezza: inerente alla gestione delle emergenze senza la prossimità fisica.
Requisiti del consenso informato per le prestazioni a distanza
Il consenso informato per la telepsicologia deve essere più dettagliato di quello per le prestazioni in presenza, includendo clausole specifiche che affrontino i rischi del setting digitale. Oltre agli elementi standard, deve esplicitare:
- Modalità e requisiti tecnici: la piattaforma utilizzata, la necessità di una connessione stabile e di un ambiente riservato e privo di interruzioni.
- Gestione della privacy online: il divieto assoluto per tutte le parti di registrare audio o video delle sedute, e le misure adottate dal professionista per proteggere i dati.
- Protocollo per le emergenze: La procedura che verrà seguita in caso di crisi psicologica acuta o emergenza medica durante la seduta. Questo deve includere la raccolta preventiva di un contatto di emergenza (un familiare o altra persona di fiducia) e dell’indirizzo fisico presso cui si trova il minore durante la seduta, con l’autorizzazione esplicita a contattare tale persona o i servizi di emergenza locali (112/118) in caso di necessità.
- Gestione del setting con i genitori: È necessario chiarire le regole sulla presenza dei genitori. Solitamente si prevede la loro partecipazione (o quella di uno di essi) al primo colloquio online, ma si specifica che le sedute successive con il minore devono avvenire in un ambiente riservato, senza la presenza di terzi, per tutelare lo spazio terapeutico del paziente.
FAQ essenziali sul consenso informato minorenni per psicologi
Il consenso informato non è solo un documento da firmare, ma il primo atto terapeutico. La sua corretta gestione pone le basi per un percorso efficace, tutelando minore, famiglia e professionista.I moduli di consenso informato di Consavio sono stati sviluppati con la supervisione dello Studio Legale specializzato in diritto sanitario, per garantire completezza normativa e praticità operativa. Scaricabili in formato editabile, permettono la personalizzazione mantenendo tutti gli elementi essenziali richiesti dalla normativa vigente.