Consenso informato minorenni: guida completa ai moduli

Il consenso informato per pazienti minorenni è uno degli aspetti più delicati della pratica sanitaria. A differenza del consenso informato per adulti, richiede di gestire simultaneamente responsabilità genitoriale, capacità di discernimento del minore e obblighi professionali.

La Legge 219/2017 ha rivoluzionato l’approccio al consenso dei minori, introducendo il principio della “valorizzazione progressiva” delle loro capacità decisionali. Non più solo i genitori decidono: il minore deve essere ascoltato e coinvolto in base alla sua maturità.

Ma chi firma quando i genitori sono separati? Come gestire il disaccordo tra medico e famiglia? E soprattutto: come evitare l’errore di mischiare consenso sanitario e privacy GDPR?

Consavio ha sviluppato questa guida operativa con moduli scaricabili specifici per ogni situazione: dal neonato all’adolescente, dai genitori uniti a quelli in conflitto, dalla consulenza psicologica alla psicoterapia.

Consenso informato per minori: cosa cambia rispetto agli adulti

Il consenso informato per minorenni non è una semplice variante di quello per adulti con la firma dei genitori. L’articolo 3 della Legge 219/2017 introduce un sistema complesso che bilancia tre elementi:

  • Titolarità formale: spetta ai genitori o al tutore
  • Valorizzazione del minore: obbligo di considerare la sua volontà
  • Superiore interesse: criterio guida per ogni decisione

La differenza sostanziale sta nel processo decisionale condiviso. Mentre per l’adulto vige l’autodeterminazione assoluta, per il minore si applica un modello graduato che evolve con l’età e la maturità.

La capacità giuridica del minore nel sistema italiano

Il Codice Civile italiano (art. 2) stabilisce che la capacità di agire si acquista a 18 anni. Prima di questa età, il minore è legalmente incapace di prestare un valido consenso ai trattamenti sanitari.

Tuttavia, questa incapacità non significa irrilevanza della volontà del minore. La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (art. 12) e la Convenzione di Oviedo (art. 6) impongono di:

  • Informare il minore in modo adeguato alla sua età
  • Ascoltare la sua opinione
  • Considerare la sua volontà nel processo decisionale

Il sistema italiano ha recepito questi principi introducendo il concetto di “minore maturo”: pur non potendo firmare, l’adolescente con sufficiente discernimento deve essere coinvolto attivamente nelle scelte che lo riguardano.

Il ruolo della responsabilità genitoriale nel consenso sanitario

La responsabilità genitoriale (ex potestà genitoriale) è il cardine del consenso informato per minorenni. L’articolo 316 del Codice Civile stabilisce che entrambi i genitori la esercitano di comune accordo, indipendentemente dal loro stato civile.

Nel contesto sanitario, questo significa che entrambi i genitori devono prestare il consenso per:

  • Interventi chirurgici programmati
  • Percorsi psicoterapeutici
  • Trattamenti farmacologici continuativi
  • Valutazioni psicodiagnostiche

L’eccezione dell’ordinaria amministrazione non si applica in ambito sanitario. La qualificazione dei trattamenti sanitari come “questioni di maggiore interesse” è il risultato di un’interpretazione consolidata della dottrina e della giurisprudenza, che combina la gravità delle decisioni sulla salute (che incidono su diritti costituzionali come affermato in sentenze emblematiche quale il caso Englaro) con la regola procedurale dell’articolo 316 c.c.. Di conseguenza, è prassi giuridica consolidata che le scelte terapeutiche importanti per un minore richiedano sempre l’accordo di entrambi i genitori.

Ma cosa succede quando un genitore è assente o irreperibile? L’articolo 317 c.c. prevede che in caso di:

  • Lontananza: l’altro genitore esercita la responsabilità in via esclusiva
  • Impedimento temporaneo: vale il consenso del genitore presente
  • Incapacità: si procede con il solo genitore capace

Il professionista sanitario deve sempre verificare e documentare queste circostanze, acquisendo una dichiarazione scritta del genitore presente che attesti l’impossibilità dell’altro di partecipare alla decisione.

Chi deve firmare il consenso informato per i minorenni: casistica completa

La domanda “chi firma?” è la più frequente nella pratica quotidiana. La risposta dipende dalla situazione familiare specifica e dal tipo di intervento sanitario. Vediamo ogni casistica con le relative soluzioni operative.

Genitori sposati o conviventi: le regole base

Per genitori sposati o conviventi stabilmente, la regola è  che devono firmare entrambi. Tuttavia, la prassi ammette semplificazioni operative:

  • Firma congiunta differita: un genitore firma in presenza, l’altro può firmare successivamente ma prima dell’inizio del trattamento. Il professionista deve conservare entrambe le firme.
  • Delega scritta: ammissibile solo per la prima visita o consulenza. Per il consenso al trattamento vero e proprio, servono entrambe le firme originali.
  • Dichiarazione sostitutiva: il genitore presente può dichiarare che “il coniuge/convivente [nome e cognome] è informato e consenziente al trattamento”. Questa modalità è accettata da molte strutture ma non elimina il rischio legale in caso di contestazione.

Il modulo di consenso informato per minori per consulenza psicologica di Consavio, ad esempio, include già le formule corrette per queste situazioni, riducendo il rischio di errori formali.

Anche per genitori uniti, se emergono posizioni divergenti durante il colloquio, il professionista deve sospendere e richiedere un accordo scritto prima di procedere.

Genitori separati o divorziati: affido condiviso vs esclusivo

La Legge 54/2006 sull’affido condiviso ha reso questa la modalità ordinaria. Anche in caso di separazione o divorzio, entrambi i genitori mantengono la responsabilità genitoriale e devono firmare il consenso.

Affido condiviso:

  • Servono sempre entrambe le firme
  • Non rileva presso chi il minore è collocato
  • Il decreto di separazione/divorzio non modifica questo obbligo

Affido esclusivo:

  • Firma solo il genitore affidatario
  • Necessario esibire il provvedimento del Tribunale
  • Il genitore non affidatario mantiene il diritto di essere informato

Errore frequente è pensare che il genitore collocatario possa decidere da solo. La collocazione prevalente non equivale all’affido esclusivo. Salvo diversa disposizione del giudice, servono sempre entrambe le firme.

Il professionista deve sempre richiedere copia del decreto per verificare eventuali limitazioni della responsabilità genitoriale. In assenza di limitazioni espresse, si applica la regola del consenso congiunto.

Genitori non coniugati e riconoscimento del minore

Per i figli nati fuori dal matrimonio, la titolarità del consenso dipende dal riconoscimento (art. 317 bis c.c.):

Riconoscimento di entrambi i genitori:

  • Se conviventi: responsabilità congiunta, firmano entrambi
  • Se non conviventi: firma il genitore con cui il minore convive
  • Se il minore non convive con nessuno: firma chi ha riconosciuto per primo

Riconoscimento di un solo genitore:

  • Firma solo il genitore che ha riconosciuto
  • L’altro genitore biologico non ha titolo per il consenso
  • Non serve dichiarare l’assenza dell’altro genitore

Documenti da verificare:

  • Estratto di nascita con indicazione dei riconoscimenti
  • Stato di famiglia per verificare la convivenza
  • Autocertificazione del genitore sulla situazione familiare

Minori in tutela o affido: chi è il rappresentante legale

Quando i genitori sono assenti, deceduti o decaduti dalla responsabilità genitoriale, subentrano figure sostitutive:

Tutore (art. 343 c.c.):

  • Nominato dal Tribunale per i Minorenni
  • Ha pieni poteri di rappresentanza
  • Firma da solo il consenso informato
  • Deve esibire il decreto di nomina

Affidatario familiare (L. 184/1983):

  • NON può firmare il consenso per trattamenti sanitari
  • Può solo accompagnare il minore
  • Il consenso spetta ancora ai genitori naturali
  • Eccezione: se il Tribunale ha conferito poteri specifici

Affidamento ai servizi sociali:

  • Il consenso è prestato dal responsabile del servizio
  • Necessaria delega scritta del Tribunale
  • Per interventi non urgenti serve autorizzazione del Giudice Tutelare

Comunità o istituti:

  • Il direttore della struttura può firmare solo per l’ordinaria amministrazione
  • Per trattamenti sanitari serve autorizzazione del tutore o del Tribunale

Il consenso informato minorenni per fasce d’età: dal neonato all’adolescente

L’età del minore non modifica la titolarità formale del consenso informato per minori, sempre dei genitori, ma cambia radicalmente il processo di coinvolgimento. La Legge 219/2017 impone di valorizzare le capacità del minore “in relazione alla sua età e al suo grado di maturità”.

L’interazione tra l’incapacità legale formale (art. 2 c.c.) e l’obbligo di valorizzare la volontà del minore (L. 219/2017) crea un’apparente tensione. Questa viene risolta dall’ordinamento attraverso una sofisticata distinzione tra il piano formale e quello sostanziale del consenso.

  1. Piano formale: la titolarità dell’atto giuridico del consenso (la firma) spetta esclusivamente al rappresentante legale (genitori/tutore) in virtù dell’incapacità di agire del minore.
  2. Piano sostanziale: il processo che conduce a tale firma deve obbligatoriamente includere l’informazione, l’ascolto e la considerazione della volontà del minore maturo.

0-6 anni: il consenso esclusivo dei genitori

In questa fascia d’età, il consenso è puramente genitoriale. Il minore non ha capacità di comprensione sufficiente per partecipare alle decisioni sanitarie.

Obblighi del professionista:

  • Informare i genitori in modo completo e comprensibile
  • Spiegare al bambino con linguaggio adeguato cosa accadrà
  • Usare supporti visivi, giochi o metafore per ridurre l’ansia

Non è richiesto:

  • Il parere del bambino
  • La sua firma o assenso
  • Documentare il suo eventuale dissenso

Eccezione: anche un bambino di 4-5 anni deve essere preparato emotivamente all’intervento. Il rifiuto categorico e persistente va segnalato ai genitori per valutare un rinvio, se clinicamente possibile.

7-11 anni: il coinvolgimento progressivo del minore

La scuola primaria segna l’inizio del coinvolgimento attivo. Il minore sviluppa capacità di comprensione che devono essere valorizzate.

Il consenso informato deve prevedere:

  • Doppia informativa: una per i genitori (completa) e una per il minore (semplificata)
  • Spazio per l’opinione del minore: documentare che è stato ascoltato
  • Firma dei soli genitori: il minore non firma ma può essere presente

Gestione del dissenso:

  • Se il minore comprende ma non accetta, va tentata la mediazione
  • Il parere contrario va documentato nel modulo
  • I genitori possono autorizzare, ma il professionista valuta l’opportunità clinica

La giurisprudenza minorile (Trib. Min. Milano, 2019) suggerisce particolare cautela per interventi non urgenti quando il minore oppone un rifiuto consapevole.

12-14 anni: la zona grigia del pre-adolescente

Fascia critica dove il discernimento è variabile e dipende dal singolo soggetto. È l’età in cui il minore sviluppa capacità critiche e di giudizio, ma la maturità effettiva varia enormemente da caso a caso.

Approccio differenziato per tipo di intervento:

Interventi di routine (vaccini, controlli):

  • Informativa adeguata al minore
  • Consenso dei genitori sufficiente
  • Documentare l’assenso del minore

Interventi sensibili (psicoterapia, ginecologia):

  • Colloquio preliminare con il solo minore
  • Valutazione della maturità effettiva
  • Consenso genitoriale ma con forte peso della volontà del minore

Il professionista deve:

  • Verificare la capacità di comprensione caso per caso
  • Documentare il grado di maturità osservato
  • In caso di contrasto famiglia-minore, considerare il rinvio

La giurisprudenza riconosce che in questa fascia d’età il minore può comprendere pienamente le implicazioni di un trattamento, ma non ha ancora il potere legale di decidere autonomamente.

14-18 anni: il minore maturo e l’autodeterminazione

La Legge n. 219/2017 si inserisce in un percorso evolutivo che ha trasformato lo status del minore nell’ordinamento. Si è passati da una concezione rigida di incapacità legale (art. 2 e 320 cod. civ.) a un approccio più sfumato che riconosce la figura del “minore capace di discernimento”. Questo soggetto, pur non avendo la piena capacità di agire, è titolare di diritti personalissimi e deve essere considerato una “parte sostanziale del processo che lo riguarda“. Il diritto all’ascolto, sancito da convenzioni internazionali (Convenzione di Oviedo, Convenzione di New York) e da norme interne (artt. 315-bis e 336-bis cod. civ.) , è la manifestazione più evidente di questo cambiamento. L’ordinamento ha così creato una struttura decisionale triadica, medico, genitori, minore, in cui ogni parte ha diritti e doveri specifici, e il minore assume un ruolo da protagonista attivo.

Situazioni specifiche:

Consenso allineato (minore e genitori concordi):

  • Procedura standard con firma dei genitori
  • Il minore può co-firmare “per presa visione e accettazione”

Dissenso del minore:

Questa è una delle questioni più delicate. Se un minore maturo rifiuta un trattamento non urgente, la sua volontà è tendenzialmente prevalente e il medico dovrebbe sospendere la procedura. Per i trattamenti salvavita, invece, la giurisprudenza e la dottrina sono orientate a far prevalere il principio dell’indisponibilità del bene vita per il minore

Tuttavia, anche in questi casi, il rifiuto consapevole e persistente di un adolescente non può essere ignorato. La giurisprudenza più recente suggerisce di evitare l’imposizione coattiva, privilegiando percorsi di mediazione e supporto psicologico, e rimettendo la decisione finale al Giudice Tutelare in caso di stallo irrisolvibile.

Richiesta autonoma del minore (es. contraccezione, supporto psicologico):

  • Alcuni trattamenti ammessi senza consenso genitoriale dopo i 14 anni
  • Consultori e spazi giovani hanno protocolli specifici
  • La consulenza psicologica in ambito scolastico può avere regole speciali

Il modulo di consenso per minorenni deve sempre includere una sezione dedicata al minore dove esprime la sua volontà, anche se non giuridicamente vincolante.

Consenso informato minorenni e privacy GDPR: l’errore da non fare

La gestione del consenso per i minori spesso genera confusione tra l’autorizzazione al trattamento sanitario e il consenso privacy. Molti professionisti utilizzano un unico modulo onnicomprensivo, ma questa pratica presenta criticità che meritano attenzione.

Perché separare sempre consenso sanitario e privacy

Il consenso informato sanitario (Legge 219/2017) e il consenso privacy (GDPR) rispondono a logiche giuridiche differenti. Il primo autorizza l’atto medico o psicologico, il secondo regola l’uso delle informazioni personali.

Nella pratica clinica, queste differenze si traducono in situazioni concrete: un genitore potrebbe autorizzare il percorso terapeutico del figlio ma preferire che alcune informazioni non vengano condivise con l’altro genitore separato. O potrebbe non volere che i dati vengano utilizzati per ricerca scientifica.

Il Garante Privacy ha più volte richiamato l’attenzione sulla necessità di consensi “granulari”, cioè specifici per ogni finalità. Le strutture sanitarie adottano approcci diversi: alcune mantengono moduli unificati per praticità, altre hanno scelto la separazione documentale.

Inoltre c’è la questione età: il Codice Privacy  ha fissato a 14 anni l’età in cui il minore può gestire autonomamente i propri dati personali nei servizi digitali. Questo implica che un quindicenne può iscriversi autonomamente a una piattaforma di telemedicina e autorizzare l’uso dei suoi dati. Ma necessita ancora del consenso genitoriale per la prestazione sanitaria vera e propria.

Situazioni conflittuali: quando i genitori non sono d’accordo

Le situazioni di contrasto nell’acquisizione del consenso informato per minorenni hanno trovato nella Legge 219/2017 una disciplina organica che supera le incertezze del passato. Il legislatore ha delineato un sistema procedurale specifico che bilancia l’esercizio della responsabilità genitoriale con la tutela del superiore interesse del minore.

Il disaccordo tra genitori: chi prevale?

L’articolo 316 del Codice Civile, come modificato dalla riforma della filiazione, stabilisce che la responsabilità genitoriale è esercitata di comune accordo. In ambito sanitario, questo principio assume particolare rilevanza poiché i trattamenti medici rientrano nelle “questioni di maggiore interesse” per le quali è richiesta la codecisione.

La Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. I, n. 21748/2017) ha definitivamente chiarito che nessun genitore può considerarsi prevalente sull’altro in ragione dell’affidamento o della collocazione. Il disaccordo paralizza la decisione, salvo il ricorso all’autorità giudiziaria.

Particolare attenzione merita il silenzio di un genitore. La giurisprudenza di merito (Trib. Milano, ord. 15/03/2021) ha stabilito che l’inerzia non equivale ad assenso, richiedendo una manifestazione di volontà esplicita o quantomeno la prova dell’impossibilità oggettiva di interpellare l’altro genitore.

Il professionista sanitario che proceda con il solo consenso di un genitore, in presenza di disaccordo conosciuto o conoscibile, si espone a responsabilità per trattamento arbitrario (art. 610 c.p.) e violazione del consenso informato.

Il contrasto genitori-medico: il ruolo del Giudice Tutelare

L’articolo 3, comma 5, della Legge 219/2017 ha introdotto una significativa novità procedurale: “Nel caso in cui il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare”.

Questa disposizione ha modificato il tradizionale riparto di competenze tra Tribunale per i Minorenni e Giudice Tutelare. Come chiarito dalla Corte d’Appello di Roma (decreto 17/12/2019, RG n. 52315/2019) e confermato da successive pronunce delle Corti di Milano, Catania e Perugia, il mero dissenso alle cure non legittima più procedimenti ex artt. 330-333 c.c.

Il procedimento davanti al Giudice Tutelare si caratterizza per:

  • Legittimazione ampia: medico, struttura sanitaria, genitori, soggetti ex art. 406 c.c.
  • Rito semplificato: camera di consiglio con garanzie del contraddittorio
  • Decisione focalizzata: solo sul trattamento specifico, non sulla capacità genitoriale
  • Criteri valutativi: evidenze scientifiche e protocolli clinici validati

Solo qualora emergano condotte pregiudizievoli ulteriori rispetto al rifiuto delle cure, il Giudice Tutelare è tenuto alla segnalazione al Tribunale per i Minorenni per l’eventuale apertura di procedimenti limitativi della responsabilità genitoriale.

Il minore che rifiuta le cure: aspetti etici e legali

La questione del “minore maturo” che rifiuta il trattamento sanitario rappresenta uno dei profili più delicati della Legge 219/2017. L’articolo 3 impone di valorizzare la volontà del minore “in relazione alla sua età e al suo grado di maturità”.

La Corte d’Appello di Perugia (decreto 14/12/2020, RG n. 763/2020) ha affermato che il minore con sufficiente capacità di discernimento non può essere considerato mero oggetto di cure, dovendo i soggetti coinvolti “valorizzare e tenere in debito conto la sua volontà”.

Il grado di vincolatività del rifiuto dipende da:

  • Capacità di discernimento: valutazione caso per caso, non presuntiva
  • Natura del trattamento: maggior peso per interventi non urgenti
  • Conseguenze del rifiuto: bilanciamento con il pregiudizio alla salute
  • Persistenza della volontà: rifiuto reiterato dopo adeguata informazione

Per i trattamenti salvavita, permane il principio dell’indisponibilità del bene vita per il minore. Tuttavia, la giurisprudenza più recente (Trib. Min. Roma, 2022) richiede particolare cautela nell’imposizione coattiva di trattamenti a minori maturi, suggerendo percorsi di accompagnamento e supporto.

Modulo di consenso informato per minori: cosa deve contenere

La corretta strutturazione del modulo di consenso informato per minorenni richiede l’integrazione di elementi previsti dalla normativa generale sul consenso informato con le specificità derivanti dalla minore età del paziente. L’articolo 1 della Legge 219/2017, combinato con l’articolo 3 sulla valorizzazione delle capacità del minore, delinea i contenuti essenziali del documento.

Gli elementi essenziali del modulo per minorenni

Il modulo deve contenere tutti gli elementi del consenso informato ordinario, integrati da sezioni specifiche per la condizione di minore età:

Sezione anagrafica rafforzata:

  • Dati completi di entrambi i genitori o del rappresentante legale
  • Specificazione del titolo di rappresentanza (genitori, tutore, affidatario)
  • Documento di identità di chi sottoscrive
  • Recapiti di entrambi i genitori per comunicazioni urgenti

Informativa adattata:

  • Doppio livello informativo: uno per i genitori (completo) e uno per il minore (semplificato)
  • Indicazione dell’età e grado di maturità valutato del minore
  • Modalità di coinvolgimento del minore nel processo decisionale
  • Riferimento esplicito all’art. 3 della L. 219/2017

Manifestazione del consenso stratificata:

  • Sezione per il consenso genitoriale o del rappresentante
  • Spazio per la “presa d’atto” del minore (non vincolante ma documentale)
  • Eventuale dissenso o riserve del minore da registrare

Clausole di salvaguardia:

  • Procedura in caso di sopravvenuto disaccordo tra genitori
  • Modalità di revoca del consenso
  • Riferimento al possibile intervento del Giudice Tutelare
  • Limiti del segreto professionale per la tutela del minore

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (parere 2023) raccomanda particolare attenzione alla formulazione delle clausole, che devono essere comprensibili anche per genitori non italofoni o con bassa scolarizzazione.

Le clausole specifiche per genitori separati

La conflittualità genitoriale richiede clausole ad hoc che prevengano controversie successive:

  • Clausola di corresponsabilità: “I sottoscritti dichiarano di esercitare congiuntamente la responsabilità genitoriale e che la presente decisione è assunta di comune accordo, anche in osservanza delle disposizioni di cui al provvedimento di separazione/divorzio del [data]”
  • Clausola informativa reciproca: “Ciascun genitore ha diritto di essere informato sull’andamento del trattamento. Le comunicazioni ordinarie saranno inviate a [specificare]. In caso di eventi rilevanti, entrambi i genitori saranno tempestivamente informati”
  • Clausola di non interferenza: “I genitori si impegnano a non coinvolgere il minore in eventuali conflitti relativi al trattamento e a non interferire con le modalità concordate”

La sezione dedicata al coinvolgimento del minore

La sezione dedicata al coinvolgimento del minore è fondamentale. Questa dovrebbe essere strutturata diversamente a seconda dell’età, documentando per i più piccoli la modalità di informazione e la reazione, e per i più grandi (12-18 anni) l’opinione espressa in modo dettagliato, incluse le motivazioni di un eventuale dissenso.

Il consenso informato in psicologia e psicoterapia minorile

L’intervento psicologico con minori presenta specificità normative che meritano un approfondimento dedicato. L’articolo 31 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani subordina le prestazioni a minorenni al consenso di entrambi gli esercenti la responsabilità genitoriale. Le specificità del setting psicologico, come la gestione della riservatezza e dell’alleanza terapeutica multipla (con il minore e con i genitori), rendono la gestione del consenso particolarmente complessa. 

La circolazione delle informazioni rappresenta l’aspetto più delicato: lo psicologo deve informare i genitori sull’andamento generale del percorso, mantenendo riservati i contenuti specifici delle sedute. Questo equilibrio varia in base all’età del minore e alla natura dell’intervento.

Per una trattazione completa delle specificità del consenso informato in psicologia minorile, inclusi modelli di clausole e gestione delle situazioni conflittuali, rimandiamo alla guida specialistica dedicata.

FAQ: domande frequenti sul consenso informato per minorenni

Torna in alto