Il consenso informato rappresenta il fondamento giuridico e deontologico della relazione medico-paziente, disciplinato per la prima volta in modo organico in Italia dalla legge 219 del 22 dicembre 2017. Il consenso informato costituisce l’espressione libera e consapevole della volontà del paziente di accettare o rifiutare un trattamento sanitario, dopo aver ricevuto informazioni complete, comprensibili e adeguate su diagnosi, prognosi, benefici, rischi e alternative terapeutiche disponibili. Tale processo informativo-decisionale configura non solo un obbligo giuridico per il medico, ma il presupposto essenziale per la liceità dell’atto medico stesso, trovando il suo fondamento negli articoli 13 e 32 della Costituzione italiana.
Indice
- La definizione giuridica del consenso informato nella Legge 219/2017
- Il fondamento costituzionale del consenso informato
- Gli obblighi previsti dalla Legge 219/2017
- Come deve essere il consenso informato valido
- Le eccezioni all’obbligo di consenso
- Consenso informato vs privacy: due documenti distinti
- Casi particolari: chi può dare il consenso
- La forma del consenso: scritto, digitale e dematerializzato
- Le conseguenze della mancata acquisizione del consenso informato
- Consavio: piattaforma di moduli consenso informato a norma di legge
La definizione giuridica del consenso informato nella Legge 219/2017
La legge 219/2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018, ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano una disciplina organica del consenso informato, colmando un vuoto normativo che da decenni veniva supplito dalla giurisprudenza e dalle norme deontologiche.
Secondo l’articolo 1, comma 2 della legge, il consenso informato si inserisce nella più ampia cornice della “relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico“, dove si incontrano:
- l’autonomia decisionale del paziente
- la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico
La normativa identifica tre attori fondamentali nel processo del consenso informato:
- Il paziente: titolare del diritto all’autodeterminazione terapeutica
- L’équipe medica: responsabile di rendere comprensibili le informazioni
- La struttura sanitaria: garante della predisposizione delle informazioni e della documentazione
Il comma 3 dell’articolo 1 specifica che ogni persona ha il diritto di:
- Conoscere le proprie condizioni di salute
- Essere informata in modo completo, aggiornato e comprensibile
- Rifiutare in tutto o in parte le informazioni
- Indicare i familiari o persone di fiducia che ricevano le informazioni
La legge stabilisce inoltre che il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.
Il fondamento costituzionale del consenso informato
Il consenso informato trova il suo fondamento primario nella Costituzione italiana, che attraverso gli articoli 13 e 32 delinea i principi cardine dell’autodeterminazione terapeutica e della libertà di scelta del paziente nell’ambito dei trattamenti sanitari.
L’Articolo 32 della Costituzione
L’articolo 32 della Costituzione rappresenta il fondamento normativo del consenso informato in medicina, stabilendo che:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Questo articolo stabilisce due principi fondamentali:
- Il diritto alla salute come diritto fondamentale della persona
- Il divieto di trattamenti sanitari obbligatori, salvo specifiche disposizioni di legge
La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che il consenso informato medico rappresenta la sintesi di due diritti fondamentali:
- Il diritto all’autodeterminazione terapeutica
- Il diritto all’integrità psico-fisica
Il paziente, quindi, non ha solo il diritto di essere curato, ma anche quello di rifiutare le cure, purché sia adeguatamente informato sulle conseguenze della sua scelta. Questo principio è stato definitivamente codificato dalla legge 219 del 2017.
L’Articolo 13 e la libertà personale
L’articolo 13 della Costituzione stabilisce l’inviolabilità della libertà personale, principio che si estende anche alla sfera sanitaria:
“La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.”
Nel contesto medico, questo si traduce nel principio che nessun atto medico può essere compiuto senza il libero consenso del paziente, poiché ogni intervento sul corpo costituisce una forma di limitazione della libertà personale.
La Corte di Cassazione, già prima della legge sul consenso informato, aveva stabilito che l’intervento medico eseguito senza consenso, anche se tecnicamente corretto e benefico per il paziente, configura una violazione della libertà personale. Ad esempio nella sentenza Cass. Pen., Sez. V, 21 aprile 1992, n. 5639 e nella sentenza Cass. Civ. Sez. III, 04/02/2016, n. 2177.
Gli obblighi previsti dalla Legge 219/2017
La legge 219/2017 ha introdotto una chiara ripartizione degli obblighi tra struttura sanitaria e medico, delineando responsabilità specifiche per garantire un consenso informato realmente consapevole.
Obbligo della struttura sanitaria
L’articolo 1, comma 9 della legge 219/2017 stabilisce che “ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge“.
La struttura sanitaria è responsabile di:
Predisporre le informazioni obbligatorie che devono includere:
- Diagnosi: la condizione clinica del paziente
- Prognosi: l’evoluzione prevedibile della patologia
- Benefici e rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti indicati
- Possibili alternative e relative conseguenze
- Conseguenze del rifiuto o della rinuncia al trattamento
Garantire la documentazione adeguata attraverso:
- Moduli di consenso informato aggiornati e conformi alla normativa
- Sistemi di archiviazione sicuri e accessibili
- Procedure standardizzate per l’acquisizione del consenso
La struttura deve inoltre assicurare che il consenso informato scritto sia conservato nella documentazione sanitaria del paziente, garantendone la tracciabilità e la disponibilità per eventuali verifiche.
Obbligo del medico
Il medico assume un ruolo centrale nel processo del consenso informato medico, con responsabilità che vanno oltre la semplice raccolta della firma.
Rendere comprensibili le informazioni è l’obbligo primario del medico, che deve:
- Adattare il linguaggio alle capacità di comprensione del paziente
- Verificare l’effettiva comprensione attraverso il dialogo
- Rispondere a dubbi e domande in modo esaustivo
- Dedicare tempo adeguato al processo informativo
Costruire la relazione di cura significa che il medico deve:
- Instaurare un rapporto di fiducia con il paziente
- Rispettare i tempi decisionali del paziente
- Coinvolgere il paziente come parte attiva del percorso terapeutico
- Documentare il processo, non solo l’esito
Come deve essere il consenso informato valido
Per essere giuridicamente valido, il consenso informato deve possedere caratteristiche ben precise. La legge 219/2017 e la giurisprudenza consolidata hanno definito 7 requisiti essenziali che ogni consenso deve rispettare.
Personale: espresso direttamente dall’interessato
Il consenso deve essere espresso personalmente dal paziente che riceverà il trattamento. Non può essere delegato a terzi, salvo nei casi previsti dalla legge.
Nella pratica, questo significa che:
- Il paziente deve firmare personalmente il modulo
- Deve partecipare a tutto il processo informativo
- Le deleghe generiche a familiari o conoscenti non sono ammesse
Esistono naturalmente delle eccezioni legali:
- Minori: il consenso viene espresso dai genitori o dal tutore, con progressivo coinvolgimento del minore in base alla sua maturità
- Interdetti: decide il tutore legale
- Inabilitati: l’inabilitato stesso con l’assistenza del curatore
Libero: senza condizionamenti o pressioni
La libertà nella scelta è elemento fondamentale. Il paziente deve poter decidere senza subire pressioni psicologiche, ricatti morali o condizionamenti economici.
Il consenso non è libero quando:
- Il paziente subisce pressioni dai familiari per accettare o rifiutare
- Esistono condizionamenti economici (“se non firma, dovrà pagare di più”)
- Il medico esercita pressioni psicologiche (“se non accetta, non posso più seguirla”)
- Vi sono minacce di abbandono terapeutico, anche velate
La giurisprudenza ha chiarito che qualsiasi forma di coercizione, anche indiretta, invalida il consenso in ogni ambito medico.
Esplicito: manifestato in modo chiaro e inequivocabile
La legge richiede una manifestazione di volontà chiara e non equivoca. Non sono ammessi consensi presunti o taciti.
L’esplicitezza si manifesta attraverso:
- Dichiarazione scritta nel modulo di consenso
- Videoregistrazione della dichiarazione
- Dispositivi o tecnologie assistive per persone con disabilità
- Documentazione chiara della volontà espressa
Il modulo deve prevedere spazi specifici dove il paziente possa esprimere:
- L’accettazione del trattamento proposto
- L’eventuale rifiuto totale o parziale
- Le limitazioni che intende porre
Consapevole: basato su informazione completa
La consapevolezza rappresenta il cuore del consenso informato. Gli studi scientifici dimostrano che i pazienti dimenticano dal 40% all’80% delle informazioni ricevute solo verbalmente: per questo è fondamentale utilizzare supporti scritti e verificare la comprensione.
Il modulo di consenso deve contenere:
- Diagnosi spiegata in modo comprensibile
- Descrizione dell’intervento con tutti i dettagli procedurali
- Benefici attesi presentati realisticamente
- Rischi e complicanze statisticamente rilevanti
- Alternative terapeutiche disponibili
- Conseguenze del rifiuto chiaramente esposte
La legge 219/2017 stabilisce che l’informazione deve essere “completa, aggiornata e a lui comprensibile”, obbligando il medico ad adattare il linguaggio alle capacità del paziente.
Specifico: riferito al singolo trattamento
Ogni procedura medica richiede un consenso specifico. Non sono validi consensi generici del tipo “autorizzo qualsiasi trattamento il medico ritenga opportuno”.
Esempi di specificità richiesta:
- Intervento chirurgico: consenso che dettagli la specifica procedura
- Anestesia: consenso separato per il tipo di anestesia
- Fisioterapia: consenso per lo specifico programma riabilitativo
- Medicina estetica: consenso per ogni singolo trattamento
Il modello deve essere personalizzato considerando:
- La patologia specifica del paziente
- Il trattamento proposto in dettaglio
- Le condizioni individuali, il sesso e l’età
- I rischi particolari del caso
Attuale: temporalmente vicino all’intervento
Il consenso deve essere temporalmente prossimo all’intervento, ma con tempo sufficiente per la riflessione. La Cassazione (sentenza n. 32124/2019) ha chiarito che può essere acquisito anche il giorno stesso, purché sia “l’approdo di un percorso informativo precedente“.
Tempistiche ottimali secondo la complessità:
- Interventi semplici: consenso possibile anche il giorno stesso
- Chirurgia maggiore: almeno 24-48 ore di riflessione
- Procedure sperimentali: periodo di riflessione esteso
- Trattamenti estetici: “periodo di ripensamento” consigliato
Revocabile: il diritto di cambiare idea
La revocabilità è caratteristica essenziale del consenso in ogni ambito sanitario. Il paziente può ritirare il consenso in qualsiasi momento, anche a intervento iniziato, compatibilmente con la sicurezza clinica.
Il modulo deve contenere:
- Clausola esplicita sul diritto di revoca
- Modalità per esercitare la revoca
- Conseguenze della revoca in termini chiari
- Garanzia di assenza di penalizzazioni
Caratteristiche della revoca:
- Può essere verbale in situazioni urgenti
- Deve essere sempre documentata in cartella clinica
- Non comporta penali economiche per prestazioni non erogate
- Può essere parziale (limitata a specifici aspetti)
Il problema della comprensione effettiva
Un aspetto critico spesso sottovalutato è che fino all’80% delle informazioni fornite dal medico vengono dimenticate dal paziente subito dopo il colloquio (studi condotti da Philip Ley, Anderson et al., Saigal et al., Glaser et al. ). Questo dato evidenzia l’importanza di:
- Supporti informativi scritti che integrino il colloquio
- Verifiche di comprensione durante il dialogo
- Possibilità di ulteriori chiarimenti prima della decisione finale
La legge consenso informato non definisce un tempo minimo per il processo informativo. Tuttavia all’art. 1 stabilisce esplicitamente:
“Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura“
Questa disposizione legislativa fornisce il fondamento giuridico per una tempistica proporzionata nel consenso informato, riconoscendo che il tempo di comunicazione deve essere adeguato alle esigenze del paziente e alla complessità dell’intervento.
La stessa giurisprudenza ha chiarito che deve essere proporzionato alla complessità dell’intervento e alle condizioni del paziente (ad esempio Cassazione Civile, Sez. III, n. 32124/2019; Cassazione Civile, Sez. III, n. 9887/2020).
Le eccezioni all’obbligo di consenso
Sebbene il consenso informato rappresenti la regola fondamentale, la legge 219/2017 e la prassi medica riconoscono situazioni specifiche in cui può non essere necessario o può essere acquisito in forme diverse. Queste eccezioni bilanciano il diritto all’autodeterminazione con la tutela della salute e della vita.
Situazioni di emergenza
L’emergenza medica costituisce la principale eccezione all’obbligo di consenso. Quando il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà e non è possibile acquisire il consenso dai rappresentanti legali, il medico può (anzi: deve) intervenire invocando lo stato di necessità.
Perché si configuri l’emergenza devono sussistere contemporaneamente 3 circostanze:
- Pericolo attuale e grave per la salute o addirittura per la vita del paziente,
- Impossibilità oggettiva di acquisire il consenso
- Indifferibilità dell’intervento.
Il medico deve limitarsi agli interventi strettamente necessari e documentare accuratamente in cartella clinica le ragioni dell’urgenza.
La giurisprudenza ha precisato che non si può invocare l’urgenza quando il paziente ha precedentemente espresso un rifiuto chiaro o quando esistono disposizioni anticipate di trattamento contrarie all’intervento.
Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO)
Il TSO rappresenta un’eccezione costituzionalmente prevista. L’articolo 32 della Costituzione ammette trattamenti obbligatori solo “per disposizione di legge” e nel rispetto della dignità della persona.
Il TSO psichiatrico, regolato dalla legge 180/1978 poi confluita nella legge 833/1978 (artt. 33-34-35), richiede una procedura rigorosa con la proposta di un medico, la convalida di un secondo sanitario dell’ASL e l’ordinanza del Sindaco.
Il trattamento sanitario obbligatorio da attuare in condizioni di degenza ospedaliera ha durata massima di 7 giorni e il paziente mantiene tutti i suoi diritti civili, compreso quello di ricevere comunicazione del provvedimento del Sindaco che dispone il TSO, di essere sentito dal Giudice Tutelare prima della convalida, di ricevere notifica del relativo decreto di convalida (come stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza 76/2025 del 30 maggio 2025), nonché di opporsi al Giudice Tutelare.
Altri trattamenti obbligatori includono le vaccinazioni obbligatorie per i minori, gli accertamenti per malattie infettive e i controlli sanitari per determinate categorie professionali.
Cure di routine e consenso implicito
Per le prestazioni routinarie a basso rischio, la giurisprudenza tende ad ammettere il “consenso implicito”, desunto dal comportamento concludente del paziente. Chi porge il braccio per un prelievo o si spoglia per una visita medica manifesta implicitamente il proprio assenso.
Questo principio vale solo per prestazioni universalmente riconosciute come routinarie, con rischio minimo o nullo. Non è mai ammesso per procedure invasive, dolorose o con rischi significativi, che richiedono sempre un consenso esplicito. Inoltre anche il consenso implicito è sempre revocabile.
Il confine tra consenso implicito ed esplicito deve essere valutato con prudenza: nel dubbio, è sempre preferibile acquisire un consenso formale, anche per tutelare il professionista da possibili contestazioni. In ogni caso, poi, la legge 219/2017 non fa distinzioni e stabilisce che il consenso vada sempre documentato (in forma scritta, con videoregistrazione o con altri dispositivi).
Altre situazioni particolari
Minore in pericolo: quando i genitori rifiutano trattamenti salvavita per il figlio, il medico può:
- Rivolgersi al Tribunale per i Minorenni
- Chiedere intervento del Giudice Tutelare
- In estrema urgenza, intervenire e poi informare l’autorità giudiziaria
Paziente che rifiuta le informazioni: la legge 219/2017 prevede il diritto di non essere informato. In questo caso:
- Il paziente deve indicare un fiduciario che riceva le informazioni
- Il rifiuto deve essere documentato e firmato
- Il medico può riservare informazioni che potrebbero nuocere gravemente
Consenso progressivo in chirurgia: durante un intervento chirurgico, se emerge la necessità di procedure aggiuntive:
- Se prevedibili e discusse: si procede secondo il consenso allargato
- Se imprevedibili ma urgenti: si applica lo stato di necessità
- Se non urgenti: si rimanda a nuovo consenso
Studi clinici e sperimentazioni: richiedono sempre:
- Consenso informato rafforzato
- Approvazione del Comitato Etico
- Assicurazione specifica
- Possibilità di ritiro senza penalizzazioni
È importante sottolineare che le eccezioni devono essere interpretate restrittivamente: il consenso informato resta la regola, le eccezioni devono essere giustificate e documentate con particolare attenzione.
Consenso informato vs privacy: due documenti distinti
Una delle confusioni più frequenti nella pratica sanitaria riguarda la distinzione tra consenso informato e consenso privacy. Molti professionisti utilizzano ancora moduli unificati, creando pericolose sovrapposizioni che possono invalidare entrambi i consensi.
Perché non vanno confusi
Il consenso all’atto medico disciplinato dalla legge 219/2017 e il consenso al trattamento dei dati personali previsto dal GDPR sono due autorizzazioni completamente diverse, con finalità e basi giuridiche distinte.
Il consenso informato riguarda l’autorizzazione al trattamento sanitario. È un diritto costituzionale del paziente che legittima l’intervento del medico sul suo corpo. Senza di esso, qualsiasi atto medico, anche se tecnicamente corretto, è illecito.
Il consenso privacy, invece, autorizza il trattamento dei dati personali e sensibili. Non riguarda l’atto medico in sé, ma la gestione delle informazioni che ne derivano: cartelle cliniche, referti, comunicazioni con altri professionisti o enti.
Dal punto di vista legale, la confusione tra i due consensi può portare all’invalidità di entrambi. Se un paziente revoca il consenso privacy, potrebbe involontariamente compromettere anche quello sanitario. Inoltre, i tempi di conservazione e le modalità di revoca sono diversi per i due documenti.
Sul piano pratico, un modulo unificato risulta spesso confuso per il paziente, che potrebbe non comprendere cosa sta effettivamente autorizzando. La complessità del linguaggio necessario per coprire entrambi gli ambiti può compromettere quella chiarezza che la legge richiede per il consenso informato.
Le conseguenze in caso di contenzioso possono essere severe. Un consenso confuso o ambiguo offre minore tutela al professionista e può essere facilmente contestato. Le assicurazioni professionali potrebbero eccepire la non conformità della documentazione.
La soluzione: moduli separati e specifici
La best practice prevede l’utilizzo di moduli distinti, ciascuno focalizzato sul proprio ambito specifico.
Il modulo di consenso informato deve concentrarsi esclusivamente sugli aspetti sanitari: diagnosi, trattamento proposto, rischi e benefici, alternative terapeutiche. Il linguaggio deve essere chiaro e accessibile, adattato alla comprensione del paziente.
Il modulo privacy deve invece dettagliare le finalità e la base giuridica del trattamento dati, i destinatari delle informazioni, i tempi di conservazione, i diritti dell’interessato.
Questa separazione permette anche una gestione differenziata: il consenso sanitario viene acquisito dal medico durante il colloquio clinico; quello privacy può essere gestito amministrativamente al momento dell’accettazione.
Consavio non inserisce il consenso privacy nei moduli sul consenso informati, proprio per garantire la massima chiarezza e tutela legale. Ogni documento è ottimizzato per il suo scopo specifico, con un linguaggio appropriato e tutti gli elementi richiesti dalla normativa. Questa scelta protegge sia il professionista che il paziente, eliminando ambiguità e possibili contestazioni.
Casi particolari: chi può dare il consenso
La capacità di esprimere il consenso varia in base all’età e alle condizioni del paziente. La legge 219/2017 ha chiarito molti aspetti, ma nella pratica clinica emergono situazioni complesse che richiedono particolare attenzione.
Pazienti maggiorenni capaci
Per i maggiorenni capaci di intendere e volere, la regola è chiara: solo il paziente può esprimere il consenso. Nessun familiare, coniuge o convivente può sostituirsi alla volontà del diretto interessato.
Questo principio vale anche quando il paziente prende decisioni che i familiari ritengono irragionevoli. Il diritto all’autodeterminazione include anche la libertà di fare scelte che altri potrebbero non condividere, purché il paziente sia pienamente capace.
La capacità si presume fino a prova contraria. Non è il paziente a dover dimostrare di essere capace, ma eventualmente il medico a dover documentare elementi che facciano dubitare della capacità decisionale. In caso di dubbio, può essere necessaria una valutazione specialistica.
Minori e consenso dei genitori
Quanto al consenso per i pazienti minorenni, sono i genitori o il tutore a esprimere il consenso. Ma la situazione è più articolata di quanto possa sembrare.
La responsabilità genitoriale è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. Per gli interventi di ordinaria amministrazione, può bastare il consenso di un genitore che dichiari di agire con l’accordo dell’altro.
Per decisioni di maggiore importanza, come interventi chirurgici o terapie invasive, in linea di principio è necessario il consenso di entrambi.
In caso di genitori separati o divorziati, anche con affido condiviso, per le decisioni sulla salute serve senz’altro l’accordo di entrambi. I conflitti tra genitori possono richiedere l’intervento del Giudice.
Il minore maturo rappresenta una figura sempre più riconosciuta. Gli adolescenti prossimi alla maggiore età devono essere coinvolti nel processo decisionale, e la loro volontà assume peso crescente con l’aumentare dell’età e della maturità. Alcuni Paesi europei riconoscono capacità decisionale autonoma già dai 16 anni per specifici trattamenti.
Interdetti, inabilitati e amministratori di sostegno
Per le persone con limitazioni della capacità giuridica, il quadro normativo prevede figure specifiche di protezione:
- Gli interdetti sono rappresentati dal tutore in tutti gli atti, compresi quelli sanitari. Il tutore deve agire nell’esclusivo interesse dell’interdetto, e per interventi di particolare gravità può essere necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.
- Gli inabilitati conservano una capacità parziale. Per gli atti di ordinaria amministrazione, comprese le decisioni sanitarie, possono decidere autonomamente. Per interventi più complessi è senza dubbio opportuno coinvolgere anche il curatore, ma la volontà dell’inabilitato resta centrale.
- L’amministratore di sostegno rappresenta la figura più flessibile. Il decreto di nomina specifica quali atti può compiere in nome e per conto del beneficiario. Se il decreto include l’ambito sanitario, l’amministratore può esprimere il consenso, sempre tenendo conto della volontà del beneficiario quando possibile. Se il decreto non dice nulla, decide il beneficiario.
È importante sottolineare che la presenza di una disabilità, anche cognitiva, non equivale automaticamente a incapacità. Ogni situazione va valutata individualmente, privilegiando quando possibile l’autonomia decisionale del paziente, eventualmente con supporti adeguati.
La forma del consenso: scritto, digitale e dematerializzato
La legge 219/2017 ha ampliato le modalità di acquisizione del consenso informato, riconoscendo l’evoluzione tecnologica e le diverse esigenze dei pazienti. Non esiste più solo il tradizionale modulo cartaceo, ma diverse forme ugualmente valide sul piano giuridico.
Le modalità previste dalla legge
L’articolo 1 della legge stabilisce che il consenso informato può essere acquisito, e deve essere documentato, attraverso tre modalità principali:
- La forma scritta rimane la modalità più diffusa e tradizionale. Il paziente firma un documento cartaceo che viene conservato nella documentazione sanitaria. È la forma preferita per la sua semplicità e immediatezza, oltre che per la familiarità di pazienti e operatori.
- La videoregistrazione rappresenta un’alternativa importante, particolarmente utile quando il paziente ha difficoltà a scrivere o quando si vuole documentare in modo più completo il processo informativo. La registrazione deve preferibilmente includere l’intero colloquio informativo e l’espressione del consenso.
- Per le persone con disabilità, la legge prevede l’utilizzo di dispositivi che consentano di comunicare. Questo include tecnologie assistive, comunicatori simbolici, o qualsiasi strumento che permetta al paziente di esprimere la propria volontà in modo chiaro e documentabile.
La dematerializzazione del consenso
L’evoluzione digitale sta trasformando anche il processo del consenso informato. La dematerializzazione non significa solo passare dal cartaceo al digitale, ma ripensare l’intero processo per renderlo più efficiente e sicuro.
Nonostante i vantaggi, la digitalizzazione presenta alcune criticità. È necessario garantire la sicurezza informatica per proteggere i dati sensibili, assicurare l’accessibilità per tutti i pazienti, compresi quelli meno avvezzi alla tecnologia, e mantenere la validità legale attraverso sistemi certificati.
La normativa italiana riconosce piena validità ai documenti informatici firmati digitalmente, purché rispettino i requisiti del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e del Regolamento eIDAS europeo.
In futuro l’integrazione con i fascicoli sanitari elettronici permetterà una gestione ancora più efficiente, con la possibilità per il paziente di consultare e gestire i propri consensi in autonomia.
Consavio sta sviluppando soluzioni innovative per la gestione digitale del consenso informato, che combinano la semplicità d’uso con la massima sicurezza e conformità normativa.
Le conseguenze della mancata acquisizione del consenso informato
L’acquisizione del consenso informato non è una mera formalità burocratica, ma un obbligo giuridico e deontologico la cui violazione espone il professionista a conseguenze su molteplici piani. La giurisprudenza degli ultimi anni ha progressivamente inasprito le sanzioni, riconoscendo nel consenso informato un diritto fondamentale del paziente.
Responsabilità civile
La mancata acquisizione del consenso configura di per sé un danno risarcibile, indipendentemente dall’esito dell’intervento. La Corte di Cassazione ha stabilito che la violazione del diritto all’autodeterminazione terapeutica costituisce un danno autonomo, distinto da eventuali danni alla salute.
Il professionista che opera senza valido consenso risponde del danno patrimoniale (costi sostenuti per il trattamento non autorizzato), del danno non patrimoniale (sofferenza derivante dalla lesione del diritto di scegliere) e dell’eventuale danno biologico se l’intervento ha prodotto conseguenze negative sulla salute.
La responsabilità può sussistere anche quando l’intervento sia stato tecnicamente corretto e abbia prodotto benefici per il paziente. Il principio consolidato è che “il fine terapeutico non giustifica il mezzo non autorizzato”.
Responsabilità penale
Sul piano penale, l’intervento senza consenso può configurare il reato di violenza privata quando il professionista costringa il paziente a tollerare il trattamento, o di lesioni personali se l’intervento produce un danno alla salute psicofisica, anche se eseguito correttamente.
La giurisprudenza penale tende a essere più garantista, richiedendo la prova del dolo o della colpa grave. Tuttavia, l’operare sistematicamente senza consenso o con consensi palesemente inadeguati può integrare gli estremi della colpa professionale.
Sanzioni deontologiche
La violazione degli obblighi sul consenso informato comporta una specifica responsabilità deontologica. Il riferimento normativo è l’articolo 35 del Codice Deontologico, che definisce l’acquisizione del consenso come un “atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile”.
Il mancato rispetto di questo dovere, così come dell’obbligo di informazione previsto dall’articolo 33, può determinare l’avvio di un procedimento disciplinare presso l’Ordine dei Medici di appartenenza. Tale procedimento può concludersi con sanzioni di diversa gravità, che vanno dal semplice avvertimento fino alla radiazione dall’Albo (in casi estremamente gravi).
È importante sottolineare che gli Ordini professionali mostrano una crescente severità nel valutare queste violazioni, in particolare quando la mancanza di un consenso valido riguarda minori o altri soggetti vulnerabili. Giustificazioni basate sulla “dimenticanza” o sulla “prassi consolidata” del reparto non sono considerate accettabili per escludere la responsabilità del singolo professionista.
Il caso Massimo: una sentenza storica
Il caso Massimo (Cassazione Penale n. 5639/1992) ha segnato una svolta nella giurisprudenza italiana. Un chirurgo fu condannato per omicidio preterintenzionale dopo il decesso di una paziente sottoposta a intervento demolitivo senza il suo consenso.
Questa sentenza ha stabilito che l’intervento chirurgico senza consenso, anche se medicalmente indicato, costituisce una lesione dell’integrità fisica punibile penalmente. Da allora, l’attenzione al consenso informato è diventata prioritaria nella pratica clinica.
La sentenza, seppur caratterizzata da una severità che oggi è stata in qualche maniera mitigata, ha chiarito che il medico non può sostituirsi al paziente nelle scelte terapeutiche, nemmeno quando ritiene che la sua decisione sia nel migliore interesse del malato. Il rispetto dell’autonomia decisionale prevale sulla beneficialità dell’atto medico.
L’eredità del caso Massimo si riflette nella legge 219/2017, che ha codificato principi già affermati dalla giurisprudenza, rendendo ancora più stringente l’obbligo di acquisire un consenso realmente informato e consapevole.
Consavio: piattaforma di moduli consenso informato a norma di legge
La corretta gestione del consenso informato richiede moduli specifici e aggiornati. Consavio mette a disposizione dei professionisti sanitari modelli di consenso informato conformi alla normativa vigente, separati dall’informativa privacy, per garantire la massima tutela legale.